Una nuova avventura è appena iniziata per Stefano Dellagiacoma, che si sta allenando con la nazionale italiana Under 20, ritrovandosi quindi per la prima volta nel gruppo dei nazionali già all’inizio della stagione. In quella passata, invece, era riuscito a compiere una grande cavalcata, quando dal “gruppo di interesse nazionale” arrivò in Coppa Europa, ottenendo degli ottimi risultati e qualificandosi così anche per i Mondiali, dopo aver vinto un oro, due argenti e un bronzo agli Italiani. Il giovane trentino, classe 1999, è tra i più promettenti del fondo azzurro, sport che ama da quando ad appena due anni venne messo sugli dal padre, grande appassionato. La sua è la storia di chi sta inseguendo un sogno, quello di diventare un fondista professionista. Conosciamolo meglio attraverso questa intervista.
Ciao Stefano. Cosa significa per te essere entrato nella squadra Under 20 della nazionale?
«È bellissimo, perché rappresenta una grande novità. Sono già stato col gruppo della nazionale in occasione di alcune gare della Coppa Europa e ai Mondiali, ma oggi mi sento davvero parte del gruppo, non un aggregato. Ho l’impressione di essere più seguito».
Come sta andando la prima parte della preparazione?
«Abbiamo fatto un ritiro molto intenso, come normale che sia all’inizio. Ho fatto un po’ di fatica nei primi giorni, quando ancora non ero prontissimo a certi sforzi, ma ho concluso molto bene la prima settimana di allenamento e sono più tranquillo».
Quella passata è stata una stagione molto positiva per te.
«Non me l’aspettavo nemmeno io. È iniziato tutto con il gruppo di interesse nazionale, ho fatto i test per la qualificazione alla Coppa Europa, i primi sono andati male, poi le cose sono cambiate e ce l’ho fatta. Ho vinto un titolo italiano, sono salito altre volte sul podio, ho ottenuto ottimi risultati in Coppa Italia e così sono stato convocato anche per il Mondiale. È stato tutto inaspettato, mai all’inizio della passata stagione mi sarei immaginato di trovarmi sull’aereo per andare a gareggiare negli USA, anche perché ero ancora aspirante. Peccato che, una volta lì, mi sia ammalato e non abbia reso al meglio, perché gli allenatori mi avevano dato molta fiducia. Purtroppo sono stato sfortunato».
Nella sprint di Coppa Europa a Planica ti sei comportato benissimo.
«Sono rimasto impressionato anch’io dalla mia prestazione, perché era la mia prima sprint in Coppa Europa. Mi sono ritrovato al quinto posto dopo la qualifica e quando ho visto il risultato, io per primo mi sono chiesto cosa fosse accaduto. Mi sono presentato alle finali con un po’ di tensione, perché non ero abituato a gare del genere, così mi sono fatto soprendere dagli avversari e ho chiuso nono. Probabilmente fossi stato più pronto, sarei riuscito ad andare meglio. Sono stato comunque molto felice, perché gli avversari erano molto competitivi».
Com’è stata l’esperienza mondiale, risultato a parte?
«Nelle gare mondiali ero tra gli atleti più giovani. Vedevo alcuni norvegesi, più grandi rispetto a me di due anni, che sembravano già fondisti di Coppa del Mondo. Ho avuto però l’impressione che non siano così lontani e questo mi ha dato maggiore fiducia. Per me è stata tutta una sorpresa, perché soltanto all’ultimo momento ho saputo che sarei andato al Mondiale. È stato bellissimo, non ero mai stato negli USA, ho visto un mondo nuovo. Peccato mi sia ammalato».
Nella passata stagione sei entrato anche nel settore giovanile delle Fiamme Gialle.
«Si, mi hanno aggregato ad ottobre, quindi non ho fatto la preparazione con loro. Da quel momento in poi, però, mi sono stati dietro trantissimo, mi hanno portato in ritiro allo Stelvio ed è cambiato tutto, sono migliorato subito. Ho trovato un ambito molto professionale sia nei tecnici sia nei materiali».
Quali sono i tuoi obiettivi stagionali?
«Intanto intendo essere una presenza fissa in Coppa Europa e farmi valere. Voglio fare il meglio che mi sia possibile, qualificarmi per i Mondiali e magari a Goms non ammalarmi (ride ndr)».
Gli ottimi risultati ottenuti dai tuoi compagni Del Fabbro e Graz, ti hanno dato maggiori stimoli e fiducia?
«Sicuramente vedere far bene i miei compagni mi mette molta fiducia, anche perché li vedo fortissimi, soprattutto Del Fabbro mi è uno scalino sopra. Proprio per questo motivo, quando riesco ad arrivare vicino a lui o anche davanti, sono ancora più fiducioso».
Puoi descriverti come atleta?
«Gli altri mi dicono che sono uno sprinter. Io mi sento più portato per le sprint, anche se mi sono sempre piaciute le distance. Lo sprint ce l’ho abbastanza naturale, per questo mi sto allenando molto sulla resistenza, anche perché è molto importante pure nelle sprint. Inoltre so di dover migliorare in tante cose, perché oltre nella resistenza, vorrei crescere ancora anche nella tecnica».
Torniamo indietro nel tempo: come hai iniziato a praticare fondo?
«Avrò avuto due anni e mezzo quando mio papà mi ha messo sugli sci. Lui è sempre stato un grande appassionato e ha sciato dopo il lavoro, così ha voluto tramandare la passione. Ci è riuscito, perché già il giorno successivo volevo subito tornare sugli sci. Sono quindi entrato nella US Dolomitica, poi sono passato al Cermis e infine, quando hanno chiuso il settore del fondo, mi sono iscritto all’AS Cauriol. Poi ovviamente sono entrato nella squadra del Comitato Trentino, quindi il settore giovanile delle Fiamme Gialle e poi la nazionale».
Sei nato a Predazzo: hai mai pensato al salto?
«Nonostante abbia i trampolini di fronte casa mia, l’idea non mi entusiasmava (ride ndr). Nel corso dell’estate ho sempre praticato l’atletica, mentre durante l’inverno, ovviamente, mi sono dedicato al fondo. Mi piacevano entrambe le specialità, così ho proseguito a farle fino agli “allievi”, poi ho scelto il fondo, dove ottenevo risultati migliori».
È difficile conciliare sport e studio?
«Certamente è molto difficile, ma sono dell’idea che se un ragazzo si impegna, possa riuscire a fare tutto. Ho perso un anno e mi è servito, perché ho capito l’importanza della scuola e oggi vado molto volentieri. Non a caso ho una media voto molto alta. Inoltre mi ritengo fortunato perché a scuola c’è un progetto dedicato agli sportivi, che ci agevola nello studio».
Chi è il tuo idolo o punto di riferimento nello sport?
«Il mio idolo è il mezzofondista britannico Mo Farah. Lo seguo da sempre in ogni gara che disputa, mi piace perché è un vincente e fa ogni cosa con passione e il sorriso. È una persona molto simpatica, oltre che un grande campione. Nello sci di fondo, invece, il mio atleta preferito è Alex Harvey. Mi è sempre piaciuto, innanzitutto perché ho sempre avuto una piccola passione per il Canada, poi mi piaceva l’idea che i canadesi riuscissero a lottare con nazioni di tradizione come Russia e Norvegia. Poi, anche lui, è sempre sorridente e negli anni è migliorato tantissimo, tanto che ha vinto anche l’oro ai Mondiali».
Qual è il tuo sogno nel cassetto?
«È una domanda molto difficile. Sicuramente spero di arrivare a livelli alti e vincere qualcosa. Facciamo però un passo alla volta, prima ho l’obiettivo di arruolarmi».
C’è qualcuno che vuoi ringraziare per il punto in cui sei arrivato fino a oggi?
«Vorrei ringraziare soprattutto i miei genitori, perché mi aiutano da sempre e per avermi trasmesso la passione per questo sport. Vorrei poi dire grazie ai miei allenatori, cominciando da Fabio Gabrielli, che mi ha allenato benissimo e insegnato a sciare tecnicamente bene, facendomi anche capire che serietà e impegno ripagano sempre; Marcello Bosin, allenatore della Cauriol, che mi controlla sempre e tiene moltissimo a me; Stefano Corradini e Giuliano Braus, i tecnici del Comitato Trentino, che mi hanno allenato benissimo, mi ascoltano sempre e mi seguono ancora oggi che sono in nazionale; infine ringrazio Andrea Zattoni, allenatore delle Fiamme Gialle, e tutti gli altri componenti del corpo sportivo, che mi stanno dietro e mi aiutano nello sport».