Esattamente dieci anni fa, il 10 ottobre 2008, Alexei Prokurorov veniva improvvisamente e tragicamente strappato alla vita. A un decennio dalla scomparsa, è doveroso ricordare la figura di un atleta misconosciuto in tempi recenti.
Nato nel 1964 nel villaggio di Mishino e successivamente di stanza nella città di Vladimir, situata a un paio di ore da Mosca, si affaccia in Coppa del Mondo ancora da teenager e si afferma già ai tempi dell’Unione Sovietica. D’altronde ai Giochi olimpici di Calgary 1988 conquista la medaglia d’oro nella 30 km in tecnica classica, facendo la differenza nell’ultimo terzo di gara e soffiando il successo all’allora connazionale Vladimir Smirnov.
Tuttavia la figura di Prokurorov assume rilevanza storica a partire dal collasso dell’Urss. Negli anni ’90 in campo femminile la Russia è indiscutibilmente la potenza dominante. Elena Välbe, Ljubov Egorova, Larisa Lazutina mietono successi a raffica. Anche Nina Gavrylyuk si scopre vincente in tarda età, mentre già a Nagano si afferma al vertice una giovanissima Julia Tchepalova.
Tra le donne solo le azzurre Manuela Di Centa e Stefania Belmondo impediscono l’instaurazione di una vera e propria dittatura, che però a tratti si manifesta comunque, vedasi l’inverno 1994-’95 quando la Russia vince 14 gare su 15 e conquista la bellezza di 36 podi su 45.
Contemporaneamente il fondo russo maschile non se la passa altrettanto bene. Smirnov, indiscusso numero uno ai tempi dell’Unione Sovietica, è kazako. In Russia restano solo due atleti di grido, appunto Prokurorov e il più giovane Mikhail Botvinov. Quest’ultimo ottiene alcuni piazzamenti di prestigio, ma nel 1996 emigra in Austria e diventerà vincente solo con la nuova bandiera.
Così, se si scorrono gli albi d’oro, si scoprirà come negli anni ’90 l’unico russo capace di vincere gare di primo livello sia stato proprio Prokurorov, che ha quindi permesso al settore maschile di rimanere a galla in un periodo di grande difficoltà, non solo agonistica.
Tra i successi conquistati spiccano l’oro iridato nella 30 km dei Mondiali di Trondheim 1997 e il trionfo nella prestigiosa 50 km di Oslo del 1998. Proprio quell’anno viene insignito della Medaglia Holmenkollen, diventando il primo atleta maschio russo a riceverla. A oggi è ancora l’unico, perché dopo più di 20 anni nessun connazionale è ancora stato premiato con questo riconoscimento.
Con l’avvento del XXI secolo le prestazioni di Prokurorov scemano, e al contempo si affaccia una nuova generazione di russi in grado di primeggiare. Il veterano moscovita appende gli sci al chiodo dopo aver partecipato ai Giochi olimpici di Salt Lake City 2002, i quinti della sua carriera, dove peraltro fa da portabandiera durante la cerimonia inaugurale.
La sua esperienza viene immediatamente messa al servizio della federazione, poiché è coinvolto nei quadri tecnici del movimento. Subito dopo le Olimpiadi di Torino 2006 gli viene affidata la direzione della squadra femminile.
Come detto la vita di Prokurorov termina tragicamente proprio un decennio orsono, falciato su delle strisce pedonali vicine alla stazione ferroviaria di Vladimir da un automobilista ubriaco, che peraltro era noto alle autorità e guidava senza parente, già revocatagli proprio per essersi messo alla guida in stato di ebbrezza.
Alexei se ne va a soli 44 anni. Non sarà stato un atleta del livello di Bjørn Dæhlie, Vladimir Smirnov e Vegard Ulvang (giusto per citare alcuni suoi contemporanei), tuttavia merita di essere ricordato, anche perché in campo maschile lo sci di fondo russo degli anni ’90 è stato lui.
Dieci anni senza Alexei Prokurorov

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