Per il terzo anno consecutivo un atleta italiano ha vinto la classifica generale della Coppa del Mondo di sci alpinismo. Questa volta, però,non è stato Damiano Lenzi a regalare il successo all’Italia, bensì Michele Boscacci, ventiseienne di Albosaggia, Provincia di Sondrio, capace di mettersi dietro tutti gli avversari, grazie a un’impressionate regolarità. La sua è la storia di chi ha seguito una tradizione di famiglia (suo papà Graziano era un appassionato di questo sport), riuscendo a realizzare il sogno di trasformare la passione per lo sci alpinismo in un lavoro, grazie al Gruppo Sportivo Esercito, che per primo in Italia ha creduto in questa disciplina, arruolando alcuni dei suoi protagonisti. L’abbiamo intervistato per conoscerlo meglio, dai primi passi nell’agonismo, fino alla Coppa del Mondo appena vinta.
Ciao Michele e ancora complimenti per il traguardo raggiunto, che è partito da molto lontano: puoi raccontarci com’è nata la tua passione per lo sci alpinismo?
«Lo sci alpinismo è una tradizione della mia famiglia, visto che mio papà lo praticava a livello agonistico e vinse anche una medaglia d’oro ai Mondiali del 2002 in coppia con Ivan Murada. È stato lui a farmi appassionare a questo sport».
Come si prepara nel corso dell’anno uno sci alpinista?
«È una cosa soggettiva che cambia da persona a persona. Io, per esempio, nel corso dell’estate faccio tanta mountain bike, perché mi piace come sport, mentre altri preferiscono la corsa o lo skiroll. Io preferisco andare in bici, anche se l’alterno con un po’ di corsa, perché voglio essere polivalente e non fissarmi con un’unica disciplina. L’importante comunque è fare qualcosa. Quando si passa alla stagione autunnale, atlerno molte uscite di corsa a salite in bastoni, anche perché inizia a fare freddo per la mountain bike. Alla fine dell’autunno, poi, faccio le prime uscite sul ghiacciaio con gli sci per prendere confidenza con i mezzi in vista della nuova stagione agonistica».
Puoi descriverci i tuoi primi passi nell’agonismo?
«Quando andavo ancora a scuola, sono entrato presto nelle squadre giovanili, poi una volta terminati gli studi ho iniziato a lavorare con papà nella falegnameria di famiglia (Falegnameria Boscacci ndr), l’attività che è stata creata da mio nonno insieme a suo fratello. Per me è stata una fortuna, perché mio papà conosceva l’importanza dell’allenamento nello sci alpinismo e così mi lasciava il tempo necessario per farlo. Questo fino a quando sono entrato nell’Esercito, grazie al quale ora posso praticare questo sport a tempo pieno, come lavoro. Mio padre non ha avuto questa possibilità».
Insomma sei più fortunato rispetto a tuo papà.
«Da questo punto di vista si. Ai suoi tempi si era proprio agli inizi dello sci alpinismo come sport agonistico, quindi lui l’ha sempre fatto per passione, come passatempo, allenandosi nel poco tempo libero che aveva a disposizione. Sono stato più fortunato, perché in questa maniera ho una vita più facile, ho tempo per allenarmi al meglio. La mia passione si è trasformata nel mio lavoro».
Merito quindi del Gruppo Sportivo Esercito che ha creduto in questo sport.
«Si, il Colonnello Mosso ha avuto la lungimiranza di cogliere le potenzialità dello sci alpinismo, scommettendo sul fatto che sarebbe diventato uno sport olimpico. Ha avuto ragione e gli dobbiamo tanto».
Lo scorso anno hai vinto la classifica generale della Coppa del Mondo: te lo saresti mai aspettato?
«Per me è stata senza dubbio un’emozione indescrivibile, perché sono riuscito a mantenere un alto livello di prestazioni per tutta la stagione mantenere. Questa non è una cosa facile né scontata, perché ci si confronta con tanti atleti di qualità, i quali entrano in forma in fasi diverse della stagione. Per vincere la Coppa del Mondo devi essere sempre costante e risultare quindi il più forte e regolare. Devo ammettere che a inizio stagione non pensavo alla vittoria della Coppa del Mondo e ho sempre ragionato gara per gara. Poi, ovviamente, visto che stavo bene ed ero in ottima posizione, alla fine ho iniziato a fare qualche calcolo per portarla a casa. Per me è stato bellissimo chiudere in testa davanti a tutti».
Dietro te in classifica generale si è piazzato Robert Antonioli, con il quale hai condiviso praticamente tutta la tua carriera.
«Abbiamo la stessa età, eravamo assieme già nella categoria junior, poi siamo entrati nel Centro Sportivo Esercito entrambi. Insomma, siamo cresciuti assieme e spesso abbiamo fatto anche gare in coppia nella Coppa del Mondo. Al termine della passata stagione ci siamo fatti i complimenti, anche perché lui è fortissimo nella sprint, io nella gara individuale, ognuno si è specializzato su una disciplina nella quale è diventato il più forte. Siamo contenti».
Siamo ancora lontani dall’inizio della prossima stagione: ti sei però già posto un obiettivo?
«È difficile porsi degli obiettivi, diciamo che cercherò di difendere il titolo. Fare il bis è una cosa abbastanza dura, ma venderò cara la pelle. Quest’anno ci saranno anche i Mondiali, che possono regalare soddisfazioni. Quindi, affronterò la stagione gara per gara, cercando di concluderla al meglio».
Lo sci alpinismo diventerà presto una disciplina olimpica: sei felice per questo?
«Per me è sicuramente un sogno che si realizza e va dato merito alla Federazione che ci ha sempre creduto e per la nostra disciplina è un grandissimo riconoscimento. La prima Olimpiade con lo sci alpinismo tra le discipline dovrebbe essere quella del 2022, quando avrò 32 anni. Non so se a quel tempo sarò ancora da medaglia, ma sarebbe già un sogno poter partecipare a quella gara».
Un’ultima domanda: sai spiegarci come mai voi atleti italiani siete così forti in questo sport?
«Credo che un po’ sia dovuto alla tradizione che questo sport ha nel nostro paese. Inoltre abbiamo un vantaggio sugli atleti delle altre nazioni, che è dovuto all’Esercito. Infatti, grazie al Centro Sportivo, possiamo permetterci di praticare questo sport a tempo pieno, come lavoro e con tutti i mezzi necessari a disposizione. All’estero invece non hanno questo genere di sostegno e gli atleti devono quindi andare alla ricerca di sponsor, che non è mai facile, oppure ricavare degli spazi per allenarsi dal lavoro. Non dimentichiamo che per praticare questo sport ad alto livello bisogna allenarsi molto, tanto che ho calcolato di aver fatto circa 900 ore di allenamento nell’ultima stagione. Se si ha un lavoro è impensabile trovare tutto questo tempo».
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